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martedì 4 gennaio 2022

L'eredità degli inceneritori...


Un inceneritore rilascia continuamente, anche in piccolissime quantità, 365 giorni all'anno, veleni invisibili che si spargono tutto intorno: nell'aria, nell'acqua, nella terra e nel cibo. E lo fa anche da spento, continuando a provocare malattie e a seminare morte.

Un vero peccato "accorgersene" dopo. Ogni inceneritore (o cementificio che brucia rifiuti) dovrebbe fare una seria analisi epidemiologica. Forse solo toccando con mano i dati si acquisterebbe così una maggior consapevolezza degli enormi danni che queste grandi stufe (finanziate con contributi pubblici per stare in piedi economicamente, tra l'altro...) provocano sulle persone che abitano nei paraggi.
Perché a dirlo solamente, spesso non basta. Perché a volte non basta manco vedere una cometa che ci sta per piombare addosso, figurarsi quando parliamo di pcb, diossine, furani e metalli pesanti che nessuno vede... #DontLookUp #NonBruciamoIlNostroFuturo

mercoledì 23 giugno 2021

Transizione ecologica o transizione industriale?


Una cosa è certa: in giro c'è troppa plastica e troppo spesso non sappiamo cosa farne. Già da diverso tempo, ahimè, grazie al decreto Clini, la plastica viene utilizzata come CSS (Combustibile Solido Secondario) per "produrre calore ed energia" dagli inceneritori per fare teleriscaldamento o dai cementifici per cuocere il clinker e fare cemento. A Bergamo ne sappiamo qualcosa...

Ed ora, invece di seguire la strategia rifiuti zero [http://www.rifiutizerocapannori.it/.../dieci-passi-verso.../], posta tempo fa alla base della prima stella, cioè l'ambiente, ecco comparire questo nuovo progetto, che sembra piacere tanto agli amici dell'ENI... Se questo è il futuro che ci aspetta, non ne sono molto contento....
Perché se il problema è l'enorme quantità di plastica che ci sommerge letteralmente, resto fortemente convinto che l'unica via da seguire sia quella della sua riduzione. E creare un nuovo circuito in cui ho bisogno di plastica per "produrre" qualcosa (da bruciare, vedi cementifici o inceneritori, o da trattare chimicamente, vedi idrogeno circolare) non mi porterà mai alla riduzione della plastica in circolazione: il sistema resterà sempre dopato perché avrò sempre bisogno di plastica da bruciare o da trattare chimicamente.
Questa non mi pare vera economia circolare e neppure un esempio di transizione ecologica; semmai, un altro esempio di transizione industriale (e per di più bella lineare)...

mercoledì 27 maggio 2020

Cementifici usati come inceneritori


Che l’Italia fosse uno strano Paese non lo scopro di certo oggi, ne avevo già avvertito da tempo parecchie avvisaglie. Quanto però accaduto in questi giorni me ne dà un’ulteriore conferma. Già, perché se un mese fa il ministro dell’ambiente ha definito nuove regole per la gestione degli pneumatici fuori uso (estromettendoli di fatto dal divenire CSS) e mentre in commissione ambiente al senato si inizia a lavorare per abolire una legge un po’ sciocchina che prevede di dover utilizzare almeno un 50% di plastica vergine per produrre vaschette e bottiglie (di plastica) per uso alimentare (iniziando finalmente un percorso reale di economia circolare, in cui si utilizza realmente TUTTA la plastica riciclata, dandole così nuova vita...), in regione Lombardia il presidente della commissione rifiuti (che se non ero è pure laureato in ingegneria) elabora una relazione conclusiva in cui, in nome dell’economia circolare e mettendo mano allo sblocca Italia (parole sue), inserisce i cementifici nel circuito dello smaltimento dei rifiuti “non riciclabili” facendogli quindi bruciare, come già avviene a Calusco d’Adda in via sperimentale da una decina d’anni (immettendo nell’ambiente, ogni anno, 25 kg di arsenico e 15 kg di mercurio) proprio quella plastica e quegli pneumatici (tritandoli e mischiandoli per benino e chiamandoli Combustibili Solidi Secondari) che si sta dimostrando essere riciclabili. Io spero che si sappia che i cementifici, impianti altamente pericolosi ma costruiti per produrre cemento (da costruire pertanto lontano dai centri abitativi sin dai tempi del re) hanno limiti di emissioni nove volte superiori a quelli degli inceneritori (costruiti per bruciare rifiuti): se un inceneritore non può emettere, per esempio, più di 200 mg/Nmc di ossidi di Azoto, un cementificio può arrivare sino a 1800 mg/Nmc... Ma magari si vuol cambiare la norma ed equiparare i due impianti imponendo limiti (ovviamente in modo restrittivo) a entrambi. Vedremo.
Aggiungo per ultimo una riflessione personale.Tutti in questi giorni parlano di futuro sostenibile. Qualche giorno fa la Danimarca ha annunciato che vuol eliminare la plastica da bruciare nei propri inceneritori (costruiti per fare teleriscaldamento) non solo per questioni ambientali (ridurranno la CO2), ma soprattutto per una questione economica. Ecco, in Italia invece assistiamo a continue spinte bipolari: da una parte provando ad attivare nuove dinamiche di produzione che tengano conto finalmente delle leggi della fisica (cioè che le nostre risorse sono limitate e che pertanto la materia non va sprecata), incentivando azioni concrete di recupero “al 100%” della materia, senza buttare via nulla, cioè seguendo una reale economia circolare, dall’altra continuando a propinare le vecchie logiche della produzione senza alcun limite, che trova sempre una soluzione ad ogni tipo di rifiuto, spesso trasformando la materia in energia, in barba alle leggi che regolano la materia (nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma). Perché tanto, alla fine, da qualche parte, le ceneri tossiche delle sostanze incenerite le si dovranno buttare da qualche parte: se non sarà nelle miniere di sale in Germania (vedi inceneritori) sarà nel cemento con cui costruiremo domani le nostre case, i nostri asili, le nostre scuole, i nostri ospedali, i nostri oratori... E tutto in virtù di un’economia circolare perché “non si butta via niente”...
P.S. per approfondire la questione CSS e cementifici: http://www.zerowasteitaly.org/documen…/barletta/DICIAULA.pdf
#5RZeroSprechi

sabato 26 ottobre 2019

Teleriscaldamento e rifiuti a Bergamo



Ho letto con enorme interesse le due pagine che L’Eco di Bergamo ha dedicato giovedì 24 ottobre al progetto di ampliamento della rete di teleriscaldamento a Bergamo ad opera di a2a e di Rea, con un investimento di oltre dieci milioniDi seguito, alcune considerazioni.Innanzitutto chi sino a ieri a Bergamo parlava di “temo valorizzazione” dei rifiuti utilizzava una terminologia errata. Infatti, per stessa ammissione di Lorenzo Spadoni, amministratore delegato di a2a, leggo che il calore prodotto bruciando rifiuti, durante la notte non “produce” nulla, non essendo richiesto calore nelle abitazioni. Immaginiamo che la stessa cosa valga anche nelle stagioni calde, quando non è necessario accendere alcun calorifero. Quindi per gran parte dell’anno queste enormi stufe, da anni, bruciano rifiuti e basta, senza alcun ritorno in termini di calore o di energia come ci è stato propinando fino a ieri in ogni salsa... E anche quando producono calore, lo fanno con una bassissima resa energetica: 25% ad essere buoni.In un altro articolo, benché si insista nel parlare di “economia circolare”, viene scritto nero su bianco che gli inceneritori, incredibilmente, non fanno sparire tutta la materia che bruciano (viva De Lavoisier, aggiungo…): circa un 25-30% di quanto incenerito resta sulle griglie dell’inceneritore sotto forma di ceneri che devono essere poi stoccate (con costi non da poco) nelle miniere di sale in Germania. Gli inceneritori, quindi, non risolvono alcun”problema dei rifiuti”, ma anch’essi producono rifiuti altamente tossici. Leggo poi, in un altro articolo, che il nuovo assessore all’ambiente di Bergamo “promette” di avviare la tariffa puntuale (uno dei capisaldi della strategia Rifiuti Zero) entro il 2020. Ora, se la memoria non mi inganna, nella precedente campagna elettorale del 2014 (!), l’attuale sindaco Giorgio Gori, spalleggiato in conferenza stampa dall'attuale viceministro all'Economia Antonio Misiani, aveva fatto analoga promessa. Promessa poi rimandata sempre di anno in anno sino all’attuale. Insomma, è da sei anni che “a Bergamo si farà la tariffa puntuale”, ma si continua a rimandare questa attuazione. Spero solo che non si decida di adottarla a partire dalla calende greche… Veniamo ora ai motivi tecnici di cui parla l'assessore Zenoni: non vorrei che fossero della stessa a2a… in effetti se si ha bisogno di un enorme quantitativo di rifiuti per implementare questo progetto di teleriscaldamento, ma allo stesso tempo si avvia un servizio di raccolta differenziata in cui si incentiva la differenziazione dei rifiuti, premiando economicamente i cittadini virtuosi e riducendo il secco residuo del “sacco nero”, qualche problema potrebbe insorgere. I paesi scandinavi che hanno investito negli anni Ottanta/Novanta enormi quantità di denaro pubblico per creare una rete di teleriscaldamento (portati spesso ad esempio anche sulle pagine de L'Eco di Bergamo) infatti, in questi anni stanno affrontando un’enorme crisi: non hanno più rifiuti da bruciare! L’Europa, infatti, a differenza di quanto dice in un altro articolo Marco Sperandio presidente di Rea Dalmine, ci chiede di ridurre i rifiuti, riciclarli e recuperare materia, non certo di incenerirli. Anzi, proprio nell’ultimo pacchetto sull’economia circolare si chiede ai paesi membri di smetterla di incentivare gli inceneritori (vedi certificati verdi, gli ex cip6, presenti ancora nella nostra bolletta energetica). Già perché, che ci crediate o no, l’industria degli inceneritori è l’unica al mondo che si fa pagare la materia prima per funzionare: circa 100 € per ogni tonnellata di rifiuti inceneriti “per produrre calore”.Da ultimo merita di essere sottolineato l’aspetto sanitario, nonostante le sperticate rassicurazioni che “tutto va bene e tutto è a norma”. Se il forno funziona a temperature oltre gli 800 gradi centigradi, h24, infatti, non si formano le diossine, ma mi pongo qualche domanda sulle nanoparticelle (particelle più piccole delle Pm 2,5) che un recente studio canadese ha stabilito con assoluta certezza essere causa di tumori. Resta poi da spiegare come si facciano a cambiare i filtri che “fermano tutte le altre polveri” (perché ogni filtro prima a poi si riempie e va sostituito…). In questi momenti si dovrà pur spegnere il forno, le temperature si abbasseranno, con conseguente produzione di diossine (e in questo caso non c’è filtro che possa fermarle..). Insomma, prima di permettere un investimento così cospicuo (parliamo di oltre dieci milioni) sarebbe auspicabile, per fugare ogni dubbio, una bella indagine epidemiologica (con metodo Crosignani). Purtroppo non ho ancora visto un’amministrazione farne eseguire una (magari ad un ente autonomo, e non all’azienda che gestisce l’inceneritore, come invece si è soliti fare in Italia).Dopo aver tirato le somme, direi che dieci milioni potrebbero essere spesi in modo diverso, magari proprio in quei “pannelli fotovoltaici” citati come unità di misura.

giovedì 7 dicembre 2017

No al CSS nei cementifici


Perché siamo contro l'utilizzo del CSS nei cementifici, al fianco dei tanti cittadini che si battono per tutelare la propria salute.
#NonBruciamoIlNostroFuturo


martedì 11 luglio 2017

Marcia dei 5 camini: non bruciamo il nostro futuro!



Ringraziamo tutti coloro che hanno partecipato alla Marcia dei 5 Camini svoltasi sabato 1° luglio a Calusco d'Adda e anche tutti coloro che, pur non avendo potuto partecipare, ci hanno aiutato e sostenuto!



Non bruciamo il Nostro Futuro!