lunedì 29 maggio 2017

Rifiuti: problema o risorsa? Ecco cosa si è detto



Le riprese della serata di venerdì a Dalmine in cui, grazie al patrocinio della Città di Dalmine, abbiamo provato a rispondere, con il prezioso contributo di tre autorevoli relatori [Enzo Favoino, Marco Caldiroli e Claudia Terzi] che hanno riportato normative, dati e numeri reali, alla domanda: i rifiuti sono un problema o una risorsa?
Per tutti coloro che non sono riusciti a venire e volessero ascoltare le importanti cose che sono state dette, da cui partire per arrivare a Rifiuti Zero.





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Venerdì 26 maggio alle ore 20.45 a Dalmine (BG), presso la Sala Consiliare di Piazza della Libertà 1, si è svolto l’evento “RIFIUTI: PROBLEMA O RISORSA?”, che ha visto come relatori personaggi di primo piano a livello nazionale e internazionale nella gestione dei rifiuti e negli studi ad essa legati, nonché la partecipazione dell’Assessore all’Ambiente, Energia e Sviluppo Sostenibile di Regione Lombardia, Claudia Terzi.
La conferenza è stata promossa dall’Associazione 5R Zero Sprechi, in collaborazione con Liberaidee.

L’Associazione  5R Zero Sprechi si costituisce nel 2016 su iniziativa di cittadini di diverse province lombarde già attivi a livello locale nella promozione della Strategia Rifiuti Zero.
Obiettivo dell’associazione è promuovere la sostenibilità e 5 buone pratiche identificate nelle 5 “R”: Riduzione, Riuso, Riparazione, Riciclo e Recupero. Buone pratiche che, applicate nel quotidiano, sia su piccola sia su grande scala, portano all’affermazione di un'economia circolare a zero sprechi.
L’associazione si dedica prevalentemente alla promozione di serate informative sulla Strategia Rifiuti Zero, organizza incontri nelle scuole e supporta le amministrazioni comunali per orientarle alla tariffa puntuale; effettua analisi merceologiche, fornisce assistenza alla separazione dei rifiuti (attuata mediante un “Rifiutologo”), allestisce Ecopoint e Infopoint durante feste di paese, sagre e manifestazioni, ed effettua attività di recupero di rifiuti abbandonati.

L’evento di venerdì sera è nato come occasione di confronto in un momento in cui la questione dei rifiuti e della loro gestione è alla ribalta nella cronaca nazionale e si prefigura come un problema di difficile soluzione.

Mentre l’Europa si muove sempre più nella direzione di un’economia circolare, ponendosi ambiziosi obiettivi di riciclo e riduzione del rifiuto agli Stati membri, in Italia, nei fatti, si opta spesso per soluzioni a breve termine e poco lungimiranti, che non sembrano risolvere la questione alla radice.
Ricordiamo che la Lombardia è la regione italiana con il maggior numero di impianti di incenerimento rifiuti: se ne contano 13 solo per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani. La sovra-capacità di incenerimento degli impianti lombardi è stata d’altronde constatata dallo stesso Consiglio Regionale, quando, a fine 2013,  approvò una risoluzione che impegnava la Giunta regionale a definire un piano di dismissione degli inceneritori lombardi a partire dai più obsoleti.
Tante sono inoltre le contraddizioni. L’articolo 35 del Decreto Sblocca Italia e il conseguente decreto attuativo ne sono un esempio: la costruzione di nuovi impianti di incenerimento rifiuti viene ventilata come soluzione allo smaltimento sulla base di una programmazione che non tiene conto degli obiettivi di riduzione europei e quindi di un’evoluzione virtuosa del sistema della gestione dei rifiuti. Sempre l’articolo 35 dello Sblocca Italia, istituendo la possibilità di incenerire i rifiuti urbani provenienti da altre regioni e quindi “scavalcando” l’autonomia programmatica regionale, scoraggia le pratiche virtuose locali.
Tutta la tematica necessita, quindi, di un approfondimento e del vaglio di tutte le opzioni disponibili, in un onesto e aperto scambio di idee.

Nel corso della conferenza Enzo Favoino, ricercatore della Scuola Agraria del Parco di Monza e Coordinatore Scientifico di Zero Waste Europe, ci ha parlato degli obiettivi europei e del significato di “economia circolare”, con le potenzialità che offre.
Marco Caldiroli, Vice Presidente di Medicina Democratica, si è soffermato invece sugli aspetti tecnici legati all’incenerimento dei rifiuti e sui conseguenti rischi sanitari, ancora poco conosciuti e approfonditi nel nostro Paese.
Infine, l’assessore Claudia Terzi  ha presentato la situazione locale.

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Claudia Terzi, Assessore all'Ambiente, Energia e Sviluppo sostenibile, laureata in Giurisprudenza. Avvocato, ha conseguito l'abilitazione all'esercizio della professione forense in prima sessione presso la Corte d'Appello di Brescia. Ha svolto attività presso alcuni studi legali, specializzandosi nel settore del diritto civile, diritto societario e di famiglia e dal 2004 è diventata titolare del suo studio legale, dove si occupa delle medesime materie.
È stata sindaco del Comune di Dalmine dal 2009 al 2013. Precedentemente  è stata  consigliere  comunale  (2004-2009),  presidente dell'Associazione Donne Lombarde di Bergamo e Provincia (2002-2006), segretario della circoscrizione 22 di Bergamo della Lega Nord (2003-2009) e membro del Comitato Tecnico Consultivo per le Nomine della Regione Lombardia (dal 2010).

Enzo Favoino opera dal 1990 in qualità di tecnico e ricercatore presso la Scuola Agraria del Parco di Monza, un centro di ricerca che ha avuto un ruolo fondamentale in Italia ed Europa per lo sviluppo ed il consolidamento delle pratiche di raccolta differenziata, riciclaggio, compostaggio, riduzione. Assieme ai colleghi, ha progettato, realizzato e coordinato diversi programmi operativi nel settore della gestione sostenibile dei rifiuti, sviluppando strategie innovative per l’organizzazione dei circuiti di raccolta.
Da tempo ha portato le competenze e conoscenze sviluppate anche in ambito internazionale, operando per la definizione di strategie di sostenibilità, la realizzazione di circuiti pilota di raccolta differenziata e compostaggio, la definizione della legislazione di settore, la formazione di tecnici e decisori. E’ tra i fondatori dell’ECN (European Compost Network) ed è attualmente il coordinatore del Comitato Scientifico del Centro di Ricerca Rifiuti Zero. Per il ruolo innovatore nei sistemi di raccolta differenziata e riciclaggio, nel 2007 Favoino è stato inserito tra i 50 “Pionieri del Riciclo” scelti a livello nazionale, ricevendo il relativo premio.

Marco Caldiroli vicepresidente di Medicina Democratica, ha svolto numerose attività di consulenza per procedure di VIA e di AIA di vari inceneritori, autore di una cinquantina di studi di impatto ambientale a domande di  AIA per conto di comitati locali per impianti di trattamento e incenerimento rifiuti, cementifici, impianti chimici, centrali termoelettriche e discariche. Ha partecipato quale relatore al Workshop on the Seveso III Directive presso il Parlamento Europeo a Bruxelles.
  

Le ecoballe sulle calotte della Val Trompia




Leggendo questo articolo qui sopra, apparso nei giorni scorsi su un quotidiano bresciano, un qualsiasi cittadino penserà che la calotta sia l'ultimissimo ritrovato tecnologico inventato dai gestori della raccolta differenziata e messo a disposizione della comunità per risolvere il problema dei rifiuti.
Invitiamo tutti i lettori a rispondere a questa domanda: sapete quanti sono in Lombardia i comuni che hanno adottato la calotta? 

Ecco, sappiate che su 10 milioni circa di abitanti in Lombardia, 9 milioni e mezzo hanno adottato il sistema Porta a porta, molti dei quali con la cosiddetta Tariffa Puntuale.
La calotta, in pratica, è  stata adottata solo in una parte della provincia bresciana, con la Val Trompia in pole position.

Eppure sono numerosi i comuni che, dopo aver sperimentato la calotta, e visti gli "scarsi" risultati ottenuti, vogliono cambiare e passare al porta a porta.

La scelta dei due comuni della Val Trompia, quindi, non si capisce: i dati dei controlli (quartature) ci dicono che la materia differenziata proveniente dai comuni che hanno le calotte è di pessima qualità e i costi per la gestione molto più alti.

Oppure una scelta di questo genere "si capisce", visto che a qualcuno, chiamato inceneritore, in un modo in un altro si deve pur dare da mangiare... 

Meditate signori, meditate...

giovedì 25 maggio 2017

Decreto Ministeriale 20 aprile 2017: Criteri per la misurazione puntuale dei rifiuti



E’ stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il tanto atteso Decreto Ministeriale, tanto atteso perché finalmente fa un po’ di chiarezza su una materia che, sino ad ora, era stata lasciata alle varie interpretazioni dei gestori di rifiuti. Adesso sono state poste le linee guida per il sistema della Tariffa Puntuale.
Pare che tutti i sistemi basati sull’uso dei sacchi pre o post pagati non siano pertanto applicabili in quanto non garantiscono la tracciabilità del rifiuto conferito dall’utente. Resta tuttavia la possibilità di adeguarsi alle nuove indicazioni entro i prossimi 24 mesi.



Decreto Ministeriale 20 aprile 2017

Criteri per la realizzazione da parte dei comuni di sistemi di misurazione puntuale della quantita’ di rifiuti conferiti al servizio pubblico o di sistemi di gestione caratterizzati dall’utilizzo di correttivi ai criteri di ripartizione del costo del servizio, finalizzati ad attuare un effettivo modello di tariffa commisurata al servizio reso a copertura integrale dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati. (17A03338) (GU Serie Generale n.117 del 22-05-2017)

IL MINISTRO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
di concerto con
IL MINISTRO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158  «Regolamento  recante  norme  per  l’elaborazione   del   metodo normalizzato per definire la tariffa del  servizio  di  gestione  del ciclo dei rifiuti urbani»;
Visto il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,  recante  norme in materia ambientale e, in  particolare,  la  parte  quarta  recante norme in materia di gestione dei  rifiuti  e  di  bonifica  dei  siti inquinanti;
Visto l’art. 1, comma 667, della legge 27 dicembre  2013,  n.  147, come modificato dall’art. 42, comma 1, della legge 28 dicembre  2015, 221, secondo cui «Al fine di dare attuazione al  principio  “chi inquina paga”, sancito dall’art. 14 della  direttiva  2008/98/CE  del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre  2008,  entro  un anno dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela  del  territorio  e del mare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle  finanze,
sentita  la  Conferenza  Stato-citta’  ed  autonomie   locali,   sono stabiliti criteri per la realizzazione da parte dei comuni di sistemi di misurazione puntuale  della  quantita’  di  rifiuti  conferiti  al servizio  pubblico  o   di   sistemi   di   gestione   caratterizzati dall’utilizzo di correttivi ai criteri di ripartizione del costo  del servizio, finalizzati ad attuare  un  effettivo  modello  di  tariffa commisurata al servizio reso a copertura integrale dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti  assimilati, svolto nelle forme ammesse dal diritto dell’Unione europea»;
Visto l’art. 1, comma 668, della legge n. 147 del 2013, secondo cui «i comuni che hanno realizzato sistemi di misurazione puntuale  della quantita’ di rifiuti conferiti  al  servizio  pubblico  possono,  con regolamento di cui all’art. 52 del decreto  legislativo  n.  446  del 1997,  prevedere  l’applicazione  di  una   tariffa   avente   natura corrispettiva, in luogo della TARI»;
Considerato il combinato disposto dei commi 668 e 688, dell’art.  1 della legge n. 147 del 2013, da cui  si  evince  che  la  misurazione puntuale della quantita’ di rifiuti, e’  finalizzata  ad  attuare  un modello di tariffa avente natura  corrispettiva,  di  cui  al  citato comma 668;
Considerato che tale tariffa commisurata al servizio  reso  e’  tra gli  strumenti  economici  piu’  efficaci  per   l’attuazione   della gerarchia gestionale dei rifiuti urbani ai sensi  dell’art.  179  del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
Considerato che la  determinazione  puntuale  della  quantita’  dei rifiuti prodotti dalle  singole  utenze  permette  di  rafforzare  il principio «chi inquina paga» nella gestione dei rifiuti urbani;
Acquisito il concerto del Ministero dell’economia e  delle  finanze espresso con nota protocollo n. 4242 del 1° marzo 2017;
Acquisito il parere  della  Conferenza  Stato-citta’  ed  autonomie locali, espresso nella seduta del 2 marzo 2017;
Decreta:
Art. 1 – Oggetto e finalita’
  1. Il presente decreto stabilisce i criteri per la realizzazione da parte dei comuni di:
    a) sistemi di misurazione puntuale della  quantita’  di  rifiuti conferiti dalle utenze al servizio pubblico;
    b) sistemi di gestione caratterizzati dall’utilizzo di correttivi ai criteri di ripartizione del costo del  servizio  in  funzione  del servizio reso.
  1. I criteri di cui al comma 1, sono  finalizzati  ad  attuare  un effettivo modello di tariffa commisurata al servizio reso a copertura integrale dei costi relativi al  servizio  di  gestione  dei  rifiuti urbani e dei rifiuti  assimilati,  svolto  nelle  forme  ammesse  dal diritto dell’Unione europea.
Art. 2 – Definizioni
  1. Ferme restando le definizioni contenute all’art. 183 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ai fini del  presente  decreto  si intende per:
    a) «rifiuto urbano residuo – RUR»: il  rifiuto  residuale  dalla raccolta differenziata dei rifiuti urbani e assimilati (CER 200301);
    b) «utente»: persona fisica o giuridica che possiede o detiene, a qualsiasi titolo, una o piu’ utenze;
    c) «utenza»:  unita’  immobiliari,  locali   o   aree   scoperte operative, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre  rifiuti urbani e/o assimilati  e  riferibili,  a  qualsiasi  titolo,  ad  una persona fisica o giuridica ovvero ad un «utente»;
    d) «utenza aggregata»: punto di conferimento riservato a  due  o piu’ utenze per le quali non sia  possibile  la  misurazione  diretta della quantita’ conferita da ciascuna utenza.
Art. 3 – Identificazione delle utenze, trattamento e conservazione dei dati
  1. L’identificazione delle utenze avviene mediante  l’assegnazione di un codice personale ed univoco a ciascuna utenza,  secondo  quanto precisato all’art. 5.
  2. Il  trattamento,  la  gestione  e  la  conservazione  dei  dati personali devono avvenire nel rispetto di quanto previsto dal decretolegislativo 30 aprile 2003, n. 196, recante  «Codice  in  materia  di protezione dei dati personali».
  3. Le infrastrutture  informatiche  di  rilevazione,  misurazione, elaborazione, gestione, aggiornamento e conservazione dei dati devono essere strutturate  per  garantire  l’esattezza,  la  disponibilita’, l’accessibilita’, l’integrita’, l’inalterabilita’ e  la  riservatezza dei dati  dei  sistemi  e  delle  infrastrutture  stesse,  nel  pieno rispetto di quanto previsto dal decreto legislativo 7 marzo 2005,  n. 82,  per  permetterne  l’utilizzo  facilitato,  il  riutilizzo  e  la ridistribuzione, come definito dal decreto-legge 18 ottobre 2012,  n. 179, per un congruo periodo di conservazione e devono essere soggette a standard di sicurezza certificati.
Art. 4 – Criteri per la realizzazione di sistemi per la  misurazione  puntuale della quantita’ di rifiuti
  1. La misurazione puntuale della quantita’ di rifiuti conferiti si ottiene determinando, come requisito minimo,  il  peso  o  il  volume della quantita’ di RUR  conferito  da  ciascuna  utenza  al  servizio pubblico di gestione dei rifiuti.
  2. Possono altresi’ essere misurate le quantita’ di altre frazioni o flussi di rifiuto oggetto di raccolta differenziata, ivi compresi i conferimenti effettuati dagli utenti  presso  i  centri  di  raccolta comunali.
  3. I sistemi di misurazione di cui al comma  1  devono  rispettare quanto stabilito all’art. 6.
  4. Per la misurazione di frazioni o flussi  di  rifiuti  conferiti diversi da quelli  previsti  al  precedente  comma  1,  sono  ammessi sistemi semplificati di determinazione delle quantita’ conferite.
Art. 5 – Requisiti  minimi  dei  sistemi  di  identificazione  e   misurazione puntuale della quantita’ di rifiuto
  1. L’identificazione dell’utenza a cui e’ associata la misurazione puntuale della quantita’ di rifiuto avviene in  modalita’  diretta  e univoca,  attraverso  idonei  dispositivi  elettronici  di  controllo integrati  nel  contenitore  o  nel  sacco  con  cui  il  rifiuto  e’ conferito, ovvero mediante idonee attrezzature installate in appositi punti di conferimento quali ad esempio i contenitori  con  limitatore volumetrico. Il riconoscimento avviene  mediante  il  codice  utenza, ovvero attraverso altre  modalita’  di  univoca  identificazione  che permettano di risalire al codice utenza anche attraverso  ad  esempio il  codice  fiscale  dell’utente  titolare  dell’utenza  e  dei  suoi familiari conviventi.
  2. I sistemi di misurazione puntuale devono consentire di:
    a) identificare  l’utenza  che  conferisce  mediante  un  codice univocamente   associato   a   tale    utenza    oppure    attraverso l’identificazione dell’utente che effettua i conferimenti;
    b) registrare  il  numero   dei   conferimenti   attraverso   la rilevazione delle esposizioni dei contenitori o dei sacchi oppure del conferimento diretto in contenitori ad apertura controllata a  volume limitato o degli accessi nei centri comunali di  raccolta  effettuati da ciascuna  utenza.  I  dispositivi  e  le  modalita’  organizzative adottate  devono  garantire  la  registrazione  di  ciascun   singolo conferimento,  associato   all’identificativo   dell’utenza   o   del contenitore, con indicazione del momento del prelievo;
    c) misurare la quantita’ di rifiuti conferiti, attraverso metodi di pesatura diretta o indiretta in  conformita’  a  quanto  stabilito all’art. 6.
Art. 6 – Misurazione della quantita’ di rifiuto
  1. La misurazione della quantita’  di  rifiuto  conferito  avviene mediante pesatura diretta, con  rilevazione  del  peso,  o  indiretta mediante la rilevazione del volume dei rifiuti conferiti da  ciascuna utenza e puo’ essere:
    a) effettuata a bordo dell’automezzo  che  svolge  la  raccolta, attraverso l’identificazione del contenitore o del sacco;
    b) effettuata  da  un  dispositivo  in  dotazione  all’operatore addetto alla raccolta attraverso l’identificazione del contenitore  o del sacco;
    c) integrata nel contenitore adibito alla raccolta;
    d) effettuata presso un centro di raccolta.
  2. Nei casi di pesatura diretta,  la  quantita’  di  rifiuti,  per frazione di rifiuto oggetto di  misurazione  prodotta  dalla  singola utenza (RIFut), e’ calcolata come sommatoria delle registrazioni  del peso conferito (PESconf) per ciascuna utenza espresso in chilogrammi. Pertanto, la quantita’ di rifiuto di riferimento per  utenza  (RIFut) e’ determinata dalla formula: RiFut = ΣPESconf.
  3. Nei casi di pesatura indiretta il volume dei rifiuti  conferito e’ determinato dalle dimensioni del contenitore esposto dall’utente o dalla capacita’  del  sacco  conferito  ovvero  ritirato  dall’utente oppure dalla dimensione dell’apertura di conferimento dei contenitori con limitatore volumetrico.
  4. Nei casi di registrazione di cui al comma 3,  la  quantita’  di rifiuto per le frazioni di riferimento, prodotta dall’utenza (RIFut), puo’ essere calcolata anche come sommatoria del prodotto  del  volume espresso in litri del contenitore conferito per lo svuotamento, o del sacco ritirato o del volume accessibile nel caso di  contenitore  con limitatore volumetrico, moltiplicato  per  il  coefficiente  di  peso specifico (Kpeso). Pertanto, la quantita’ di rifiuto  di  riferimento per utenza (RIFut) e’ determinata come: RIFut = ΣVOLcont*Kpeso.
  5. Il comune stabilisce, per ciascun periodo di riferimento e  per ciascuna frazione di  rifiuto,  il  coefficiente  di  peso  specifico (Kpeso) in  base  alla  densita’  media  dello  specifico  flusso  di rifiuto, determinata come rapporto tra la quantita’ totale di rifiuti raccolti e la volumetria totale contabilizzata.
  6. In sede di prima applicazione, se  non  sono  disponibili  dati storici appropriati, il coefficiente di peso  specifico  puo’  essere ricavato da idonei rapporti di prova eseguiti su campioni di  rifiuti di volume predefinito.
  7. In caso  di  compresenza  di  sistemi  di  pesatura  diretta  e indiretta per la medesima frazione di rifiuto, la relativa  quantita’ di rifiuti conferita dalla singola  utenza  (RIFut),  e’  individuata mediante sommatoria dei quantitativi totali derivanti  dalle  singole modalita’ di misurazione. Sia nel caso di pesatura diretta che di pesatura  indiretta  le dotazioni  elettroniche,  i  contenitori  nonche’  gli  strumenti  di pesatura devono rispettare tutti gli  standard  tecnici  applicabili, fermo restando quanto previsto dal precedente art. 4  in  materia  di protezione dei dati personali  e  di  gestione  informatizzata  degli stessi.
Art. 7 – Determinazione  dei  conferimenti  nel  caso  di   utenze   aggregate domestiche
  1. Qualora  non  sia  tecnicamente  fattibile  o  conveniente  una suddivisione del punto di conferimento tra le diverse utenze, ai fini dell’applicazione della misurazione puntuale, le quantita’ o i volumi di rifiuto attribuiti ad una utenza aggregata sono ripartiti  tra  le singole utenze secondo il criterio pro capite, in funzione del numero di componenti del nucleo familiare riferito all’utenza.
  2. Il riparto tra le singole utenze puo’ avvenire anche utilizzando i  coefficienti  indicati  nella   tabella   2,   «Coefficienti   per l’attribuzione  della  parte  variabile  della  tariffa  alle  utenze domestiche», di cui all’allegato 1, del decreto del Presidente  della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158.
  3. L’uso dei parametri di cui al comma  2  e’  ammesso  anche  per quelle porzioni di territorio in  cui,  per  ragioni  tecniche  o  di dispersione territoriale  o  di  sostenibilita’  economica,  non  sia possibile implementare sistemi di misurazione puntuale.
Art. 8 – Determinazione dei conferimenti di utenze non domestiche  all’interno di utenze aggregate
  1. Il rifiuto residuo  proveniente  dalle  utenze  non  domestiche presenti  in  utenze  aggregate  deve  essere  conferito  in  maniera separata rispetto a quello conferito dalle utenze domestiche.
  2. Alternativamente,  il  comune  utilizza   i   coefficienti   di produttivita’ per ciascuna tipologia di utenza non domestica indicati nelle tabelle 4a e 4b,  «Intervalli  di  produzione  kg/m²  anno  per l’attribuzione della parte variabile della tariffa  alle  utenze  non domestiche», di cui all’allegato 1 del decreto del  Presidente  della Repubblica  27  aprile  1999,  n.   158,   ovvero   coefficienti   di distribuzione ottenuti mediante appositi studi effettuati  a  livello locale  ovvero  coefficienti   ottenuti   dalla   rilevazione   della distribuzione  dei  conferimenti  e  delle   quantita’   tipici   del territorio di riferimento.
Art. 9 – Criteri integrativi ai sistemi di misurazione puntuale
  1. In fase di definizione della parte variabile della tariffa  per il servizio di gestione dei rifiuti urbani, il comune  puo’  adottare criteri di ripartizione  dei  costi  commisurati  alla  qualita’  del servizio reso alla singola utenza,  nonche’  al  numero  dei  servizi messi a disposizione della  medesima,  anche  quando  questa  non  li utilizzi.
  2. Le  frazioni  avviate  al  riciclaggio  devono  dare  luogo   a correttivi ai criteri  di  ripartizione  dei  costi.  In  tali  casi, l’utenza per la quale e’  stato  svolto  il  servizio  di  ritiro  e’ identificata ovvero e’  registrato  il  numero  dei  conferimenti  ai centri comunali di raccolta,  effettuato  dalla  singola  utenza,  di frazioni di rifiuto avviate al riciclaggio.
Art. 10 – Norme transitorie
  1. I comuni che, nelle more dell’emanazione del presente  decreto, hanno applicato una misurazione puntuale della parte variabile  della tariffa,  adeguano  le  proprie   disposizioni   regolamentari   alle prescrizioni del presente decreto entro 24 mesi dalla sua entrata  in vigore.   Il presente decreto entra in vigore decorsi quindici  giorni  dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Roma, 20 aprile 2017
Il Ministro dell’ambiente e  della tutela del territorio e del mare
Galletti
Il Ministro dell’economia e delle finanze
Padoan

lunedì 22 maggio 2017

Campagna elettorale 2017: adottate la Strategia Rifiuti Zero!

Come Associazione 5R Zero Sprechi non possiamo che sottoscrivere interamente questo appello lanciato in questi giorni dalla rete Rifiuti Zero Lombardia affinché le varie liste che si presenteranno alla competizione elettorale che si terrà nei prossimi mesi sottoscrivano, impegnandosi poi a realizzare, la Strategia Rifiuti Zero.


CAMPAGNA ELETTORALE 2017
ADOZIONE STRATEGIA RIFIUTI ZERO

Appello alle liste politiche per l’adozione della strategia Rifiuti Zero

I rifiuti rappresentano un problema ambientale, sociale ed economico della massima urgenza.
L’aumento dei consumi generano grandi quantità di rifiuti che devono essere gestiti e governati in una logica di massima sostenibilità ambientale ed economica a vantaggio dei cittadini-utenti.
Gli attuali sistemi di gestione integrata dei rifiuti sono poco efficienti e il loro costo è un ulteriore aggravio per i cittadini-contribuenti. Nel confronto europeo il nostro Paese è uno dei meno virtuosi quanto a capacità di raccolta differenziata.

Nel 2014 in Italia si sono prodotte quasi 30 milioni di tonnellate di rifiuti solidi urbani,circa 500 kg pro capite per abitante residente (ISPRA Rapporto Rifiuti Urbani Edizione 2016).  Il 34% dei rifiuti prodotti viene ancora smaltito in discarica, rispetto a una media europea che si aggira intorno al 28% contro lo 0,6% della Svezia, l’1% del Belgio, l’1,3% della Danimarca, l’1,4% della Germania e dell’Olanda. A questo si aggiunge il problema dei rifiuti speciali (pericolosi e non) che in Italia sono oltre quattro volte superiori a quelli urbani.

Nel settore del riciclo il nostro Paese con il 42% si colloca sotto la media europea (44%) contro il 64% della Germania, il 56% dell’Austria al 56%, il 55% del Belgio, il 51% dei Paesi Bassi, il 47% del Lussemburgo, il 44% della Danimarca e del Regno Unito. Ma quelli che definiamo comunemente rifiuti sono di fatto una miniera di risorse materiali da reimpiegare nei cicli produttivi e di consumo. Occorre quindi invertire la tendenza in atto e investire sulla prevenzione dei rifiuti e su modelli e attività di economia circolare, la vera innovazione economica, sociale ed ambientale su cui puntare da subito per il futuro. Sprechi e scarti devono essere ridotti, recuperati, riusati e riciclati. Chi inquina paga. Lo spreco di beni, materiali e risorse deve essere penalizzato premiando e favorendo azioni (sia pubbliche che private) che generano meno rifiuti, recuperano materia, producono e distribuiscono beni più sostenibili in modo responsabile. Quanti più materiali si riescono a recuperare dagli scarti e dai rifiuti tanto più si liberano risorse anche sociali per una crescita esponenziale dell’economia e la green economy trae vantaggi competitivi e si incrementa.

Nel giugno 2014, a seguito di un percorso virtuoso di Valutazione Ambientale Strategica, Regione Lombardia ha approvato il Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti (PRGR). Questa pubblicazione è stata realizzata con lo scopo di illustrare ai cittadini, con un linguaggio semplice, il modo in cui Regione Lombardia governa il complesso mondo dei rifiuti e quanta importanza abbiano i comportamenti di ciascuno di noi su una gestione sostenibile dei rifiuti. I principali obiettivi sono:
      In coerenza con il primo principio della gerarchia europea (prevenzione) il Piano si pone come obiettivo, entro il 2020, il contenimento della produzione procapite di rifiuti urbani mediante il disaccoppiamento dalla spesa per consumi delle famiglie, indicatore che riguarda gli acquisti per beni e servizi effettuati dai soli cittadini. Entro il 2020 si prevede che ogni abitante produca 455 kg/anno di rifiuti urbani (nel 2013 la produzione procapite è stata di 461,2 kg).
      Diffusione della tariffa puntuale: la Regione si pone l’obiettivo di raggiungere entro il 2015 almeno il 10% dei Comuni e, entro il 2020, almeno il 20%.
      La Regione intende raggiungere il 67% di raccolta differenziata a livello regionale al 2020 e il 65% a livello di singolo Comune.
      La Regione intende estendere nell’80% dei Comuni entro il 2020 un “modello omogeneo” di raccolta almeno per le frazioni principali (RUR, FORSU, carta, vetro, plastica).
      La raccolta della FORSU (Frazione organica del rifiuto solido urbano), il cui contributo è fondamentale per il raggiungimento dell’obiettivo generale di incremento della percentuale di raccolta differenziata, deve essere effettuata in tutti i Comuni della Lombardia entro il 2020: obiettivo del PRGR è il raggiungimento di 60kg/abitante per anno di FORSU raccolta a questa data.

Per queste ragioni la Rete Rifiuti Zero Lombardia si appella alle liste politiche in campagna elettorale per le prossime elezioni amministrative dell’11 Giugno 2017 affinché adottino nei propri programmi impegni concreti sull’adozione della strategia RIFIUTI ZERO sintetizzata nei 10 passi di seguito elencati:

1. Separazione alla fonte: organizzare la raccolta differenziata. La gestione dei rifiuti non e’ un problema tecnologico, ma organizzativo, dove il valore aggiunto non e’ quindi la tecnologia, ma il coinvolgimento della comunità chiamata a collaborare in un passaggio chiave per attuare la sostenibilità ambientale.
2. Raccolta differenziata porta a porta: organizzare una raccolta differenziata “porta a porta”, che appare l’unico sistema efficace di raccolta differenziata in grado di raggiungere in poco tempo e su larga scala quote percentuali superiori al 70%. Quattro contenitori per organico, carta, multi materiale e residuo, il cui ritiro e’ previsto secondo un calendario settimanale prestabilito.
3. Compostaggio: realizzazione di un impianto di compostaggio da prevedere prevalentemente in aree rurali e quindi vicine ai luoghi di utilizzo da parte degli agricoltori.
4. Riciclo: realizzazione di piattaforme impiantistiche per il riciclaggio e il recupero dei materiali, finalizzato al reinserimento nella filiera produttiva.
5. Iniziative di riduzione dei rifiuti: diffusione del compostaggio domestico, sostituzione delle stoviglie e bottiglie in plastica, utilizzo dell’acqua del rubinetto (più sana e controllata di quella in bottiglia), utilizzo dei pannolini lavabili, acquisto alla spina di latte, bevande, detergenti, prodotti alimentari, sostituzione degli shoppers in plastica con sporte riutilizzabili.
6. Riuso e riparazione: realizzazione di centri per la riparazione, il riuso e la decostruzione degli edifici, in cui beni durevoli, mobili, vestiti, infissi, sanitari, elettrodomestici, vengono riparati, riutilizzati e venduti. Questa tipologia di materiali, che costituisce circa il 3% del totale degli scarti, riveste però un grande valore economico, che può arricchire le imprese locali, con un’ottima resa occupazionale.
7. Incentivi economici: introduzione di sistemi di tariffazione che facciano pagare le utenze sulla base della produzione effettiva di rifiuti non riciclabili da raccogliere. Questo meccanismo premia il comportamento virtuoso dei cittadini e li incoraggia ad acquisti piu’ consapevoli.
8. Recupero dei rifiuti: realizzazione di un impianto di recupero e selezione dei rifiuti, in modo da recuperare altri materiali riciclabili sfuggiti alla raccolta differenziata, impedire che rifiuti tossici possano essere inviati nella discarica pubblica transitoria e stabilizzare la frazione organica residua.
9. Centro di ricerca e riprogettazione: chiusura del ciclo e analisi del residuo a valle della raccolta differenziata, recupero, riutilizzo, riparazione, riciclaggio, finalizzata alla riprogettazione industriale degli oggetti non riciclabili, e alla fornitura di un feedback alle imprese (realizzando la Responsabilità Estesa del Produttore) e alla promozione di buone pratiche di acquisto, produzione e consumo.
10. Azzeramento rifiuti: programmare obiettivi di minimizzazione progressiva del rifiuto indifferenziato (RUR) per avvicinarsi all’obiettivo finale di rifiuti zero, dove i rifiuti prodotti siano quasi tutti quelli riciclabili o riutilizzabili. In questo modo Rifiuti Zero, innescato dal “trampolino” del porta a porta, diviene a sua volta “trampolino” per un vasto percorso di sostenibilità, che in modo concreto ci permette di mettere a segno scelte a difesa del pianeta.
La strategia Rifiuti Zero è stata adottata (a tutto Aprile 2017) da 242 Comuni Italiani per un totale di 5.297.868 abitanti.
Una crescita culturale e politica lenta ma ormai “inesorabile” e fortunatamente inarrestabile viste le grandi problematiche ambientali, sociali ed economiche che la gestione inefficiente dei rifiuti produce.
Inoltre, la recente presa di posizione dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI) a favore della strategia Rifiuti Zero è un segnale eloquente del percorso obbligato che le amministrazioni locali dovranno intraprendere per consentire al nostro Paese di recuperare posizioni qualificate a livello europeo e riposizionare la nostra economia verso nuovi modelli virtuosi ed eco-sostenibili.
E’ infatti risaputo che la conversione verso pratiche di economia circolare siano un volano significativo per favorire e incentivare l’occupazione, generare nuove forme di socialità e solidarietà, recuperare e reimpiegare risorse materiali rinnovabili.
La Rete Rifiuti Zero Lombardia auspica che i nuovi amministratori locali che governeranno i prossimi 5 anni possano compiere scelte condivise di pratiche virtuose a vantaggio di tutta la popolazione dei propri comuni nella gestione dei rifiuti urbani sia di origine domestica sia produttiva così da poter raggiungere gli obiettivi della Legge Regionale.
La Rete Rifiuti Zero Lombardia rinnova pertanto l’invito (già precedentemente indicato) alle liste politiche in campagna elettorale di adottare nei propri programmi elettorali la predetta strategia Rifiuti Zero.
La Rete Rifiuti Zero Lombardia si dichiara fin d’ora disponibile a collaborare con qualsiasi lista elettorale per meglio definire e precisare le proposte politiche di riduzione dei rifiuti e in seguito all’esito elettorale a collaborare con le nuove amministrazioni comunali.

Per ogni ulteriore informazione e contatto con la Rete Rifiuti Zero Lombardia vi invitiamo a scrivere alla nostra e-mail rifiutizerolombardia@gmail.com o su Facebook

venerdì 19 maggio 2017

Recuperare i rifiuti è un obbligo


Nel dicembre 2014la Corte di Giustizia dell’Ue condannava l’Italia a un’ingente sanzione pecuniaria per inadempimento “di Stato” alle direttive europee sui rifiuti. Più precisamente, il provvedimento era dovuto alla mancata esecuzione, da parte dello stesso Paese, di altra sentenza di condanna della medesima Corte, emessa nel lontano 2007.
Oltre a una somma forfettaria di 40 milioni di euro, i giudici comunitari infliggevano all’Italia una penalità di 42,8 milioni di euro per ogni semestre di ritardo nell’attuazione delle misure necessarie a dare piena esecuzione alla sentenza del 2007. In pratica, l’Italia avrebbe continuato a pagare fino a quando fosse continuata la “permanenza in stato di infrazione”. Con la prima sentenza, nel 2007, la Corte aveva dichiarato che l’Italia aveva disatteso, in modo generale e persistente, gli obblighi relativi alla gestione dei rifiuti stabiliti dalle direttive in materia di rifiuti, rifiuti pericolosi e discariche di rifiuti. Tra le conclusioni della condanna del 2014, l’Autorità Giudiziaria con sede in Lussemburgo ribadiva che era stato violato dallo Stato italiano, tra gli altri, in modo pervicace, l’obbligo di recuperare i rifiuti o di smaltirli senza pericolo per l’uomo o per l’ambiente.
Commentando quel provvedimento giudiziario, che illustrava assai meglio di una moltitudine di trattati il rapporto tra questo Paese e quel settore nevralgico della tutela ambientale che sono i rifiutiil ministro dell’Ambiente (Galletti, lo stesso di oggi) dichiarava: “Andremo in Europa con la forza delle cose fatte, lavorando in stretta collaborazione con le istituzioni Ue, per non pagare nemmeno un euro di quella multa figlia di un vecchio e pericoloso modo di gestire i rifiuti con cui vogliamo una volta per tutte chiudere i conti”. Le parole del sempre autorevole garante dell’ambiente nazionale, neanche a dirlo, hanno trovato granitica conferma nei fatti: fino a poche settimane fa, l’Italia, in esecuzione della sentenza in esame, aveva già pagato il forfait iniziale di 40 milioni e le somme relative ai tre trimestri successivi. Per la modica cifra complessiva di 141 milioni di euro.
Alcuni giorni fa, il ministro dell’Economia, rispondendo a un’interpellanza della deputata Claudia Mannino, ha dichiarato che è stata pagata anche la quarta rata per evidente, ulteriore, “permanenza in stato d’infrazione” dell’Italia: 21,2 milioni di euro per 98 discariche ancora da bonificare. Se ne ricava, con scarse possibilità di smentita, che in questo Paese si continua a violare l’obbligo di smaltire i rifiuti senza pericolo per l’uomo o per l’ambiente.
Nel rapporto Osservasalute 2016, pubblicato di recente, si afferma che: “Tra i numerosi fattori che influenzano la salute umana un ruolo di primo piano è, sicuramente, rivestito dall’ambiente […] I rifiuti rappresentano uno degli indicatori di maggiore pressione, non solo in termini ambientali, ma anche in termini sociali e sanitari”. Ai rifiuti e alla loro relazione con la salute umana, pertanto, il Rapporto dedica la prima parte del capitolo “ambiente”. Ulteriori, interessantissimi dati e riferimenti sul tema nel recente post del dottor Antonio Marfella su questo sito.
Forse, tra queste notizie non c’è alcun nesso. Forse.
Con la legge sugli “ecoreati”, che si accinge a compiere ormai due anni di vita, il 22 prossimo, sono state introdotte nel nostro ordinamento norme che meritano attenzione. Per esempio, da un lato, in chiave sanzionatoria, il reato di omessa bonifica o l’ordine di ripristino dello stato dei luoghi a carico del condannato per uno dei nuovi ecoreati; dall’altro, in funzione premiale, la cospicua attenuante a favore dell’imputato che “prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, provvede concretamente alla messa in sicurezza, alla bonifica e, ove possibile, al ripristino dello stato dei luoghi”.
A prescindere dagli inadempimenti “di governo” agli obblighi comunitari in questa materia, quelle su citate sono norme che potrebbero costituire un tentativo di contrasto alla salubre tendenza che ha visto la carta geografica di questo Paese punteggiarsi di discariche, più o meno abusive, e di contestuali “indizi” di impatti sanitari, per esempio sulla salute dei bambini.
Forse, potrebbe essere utile iniziare ad applicare queste norme su larga scala. Insieme al resto di quella legge.

venerdì 12 maggio 2017

Inceneritore a Brescia: serve un'analisi seria!



Abbiamo letto con particolare interesse l’articolo comparso sia sulle pagine del Corriere della Sera sia sulle pagine di Brescia Oggi in cui l’assessore Fondra esponeva i dati raccolti dall’Osservatorio comunale sull’inceneritore. In merito a quanto appreso, vorremo dare una nostra chiave di lettura sui risultati emersi.

Le emissioni di qualunque inceneritore o altro impianto emissivo industriale non devono mai superare i limiti imposti nell’AIA, pena una potenziale indagine della magistratura con tanto di sospensione dell’attività. Pertanto è da ritenere scontato che l’inceneritore non abbia mai sforato i limiti previsti.
Decisamente poco chiaro, invece, il discorso legato al controllo dei conferimenti: qualunque rifiuto deve avere, per legge, un specifico codice CER, pena il non poter essere trasportato. L’inceneritore di Brescia può quindi bruciare solamente i rifiuti con i codici CER per i quali ha l’autorizzazione e nell’inceneritore entrano solo i mezzi che trasportano quei rifiuti.
In cosa consisterebbero quindi questi “maggior controlli”? Sono forse di tipo documentale? O forse svolti mediante analisi di laboratorio? I primi siamo certi che già vengano eseguiti; sui secondi abbiamo qualche perplessità perché di difficile gestione: i rifiuti quasi sempre sono disomogenei, sia per composizione sia per forma, e quindi prelevare e analizzare un campione di materiale su un carico ha effettivamente poco senso. Fermo restando che trasportare rifiuti con un codice CER diverso da quello previsto è un reato perseguito dalla legge.
Per quanto riguarda i dati delle emissioni, ne mancano all’appello almeno due, entrambe molto importanti: le emissioni di ossidi di zolfo (SOx) e la quantità per tipologia delle polveri emesse dall’inceneritore stesso (ci riferiamo a cromo, piombo, arsenico, mercurio, IPA, ecc.). Le polveri non sono tutte uguali e alcune sono più pericolose di altre per la salute dell’uomo. Un conto è inalare la sabbia di una spiaggia battuta dal vento, un conto è inalare la stessa quantità di arsenico o di diossine.
Ad avvalorare quanto affermiamo ricordiamo due casi specifici di anomalie dello SME, il Sistema di Monitoraggio in continuo delle Emissioni.
Il primo riguarda l’inceneritore di Cremona: per alcuni giorni, nonostante la concentrazione delle polveri emesse fosse superiore ai limiti consentiti (limite massimo 10 mg/Nmc) lo SME non rilevava alcun superamento, indicando infatti una concentrazione di polveri dei fumi significativamente inferiore ai 10 mg/Nmc.
Il secondo invece si riferisce all’inceneritore di Filago (BG) dove, a fronte di una concentrazione di SOx di 5 mg/Nmc, lo SME rilevava un valore compreso tra 0 e 0,1 mg/Nmc.

Riteniamo pertanto necessario avviare quanto prima una campagna di monitoraggio delle emissioni dell’inceneritore della durata di almeno 6 mesi ad opera di ARPA tramite analizzatore isocinetico, posizionato direttamente sul camino in modo da avere una visione più precisa e completa su cosa indica lo SME e cosa esce effettivamente dall’inceneritore. Di contro, pensiamo che la sola taratura dello strumento (SME) non sia assolutamente sufficiente in quanto, nei due casi sopra descritti, entrambe gli SME hanno avuto tutta la manutenzione e taratura prevista dalla legge.
Vista la non facile situazione ambientale in cui versa la città di Brescia e l’hinterland (il problema Caffaro è il più evidente), sarebbe necessario attivarsi per svolgere quanto prima una valutazione sull’impatto che le emissioni hanno sulla salute dei cittadini.
A tal riguardo, consigliamo vivamente un’analisi epidemiologica o, meglio ancora, uno studio più ampio sull’impatto che l’inquinamento, atmosferico e non, ha sulla salute della popolazione. Per quest’ultima proposta portiamo ad esempio il metodo NATA (National Air Toxic Assessment) utilizzato dall’EPA, l’Ente americano per protezione dell’ambiente, per valutare l’impatto che hanno tutte le emissioni (non solo quelle degli inceneritori) sulla salute dei cittadini.
Potrebbe essere l’inizio di un percorso “scientifico e trasparente” che permetta di trovare abbastanza velocemente le giuste soluzioni ai problemi ambientali che affliggono la nostra provincia (e non solo quella) ormai da tanti anni.
Perché la salute dei cittadini non può più aspettare.

Associazione 5R Zero Sprechi