sabato 29 giugno 2019

Gli imballaggi di plastica? Nella plastica, ovviamente



Alcuni nostri amici ci hanno segnalato che, sulla confezione del formaggio grattugiato della BresciaLat di Brescia (a cui abbiamo immediatamente spedito una mail)  compare l'invito a gettare la confezione nel rifiuto "indifferenziato".
Ci domandiamo perché un normale imballaggio di plastica debba essere "gettato via" nel secco residuo, destinandolo quindi a bruciare in un inceneritore, quando, seguendo le disposizioni della legge, può essere destinato a riciclo e, seguendo la logica dell'economia circolare, ritornare ad essere ancora un imballaggio di plastica.

Forse perché pensano che sia "sporco"? Nessun problema! E' da parecchio tempo che il Conai, il Consorzio Nazionale per gli imballaggi, ha diffuso questa preziosa infografica dalla quale si evince chiaramente che gli imballaggi non vanno risciacquati: è sufficiente "pulirli sommariamente" e poi possono essere destinati tranquillamente alla raccolta differenziata.



Speriamo che la nostra segnalazione venga accolta il prima possibile. Solo con una corretta informazione da parte di tutti possiamo veramente cambiare questo mondo: un piccolo gesto per una grande impresa.

giovedì 27 giugno 2019

"Rifiuti? Basta fare come nel Nord Europa!" La solita balla...



"Dobbiamo fare come i Paesi del Nord che recuperano l'energia bruciando i rifiuti nei termovalorizzatori". Ditemi quando non avete letto o sentito questa frase almeno una volta negli ultimi tempi. Ecco, se però vai a vedere bene la situazione di Danimarca e Svezia (i Paesi portati ad esempio dai paladini della "termovalorizzazione"), ti accorgi che non è proprio tutto rosa e fiori.
Questi Paesi, come dice bene Vignaroli, presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati, hanno un alto senso civico diffuso tra i cittadini (nessuno si sognerebbe di prendere il proprio sacchetto di rifiuti "indifferenziato" e lasciarlo in un cestino pubblico), fanno bene la raccolta differenziata, hanno laboratori per riparare oggetti rotti, ma... Ma si sono legati mani e piedi ad un sistema, quello del teleriscaldamento, che necessita di materia da bruciare. E allora, senza addentrarci in pruriginosi discorsi sulla salute (leggi diossine, metalli pesanti e nanoparticelle), ti accorgi che questo sistema è come un cane che si morde la coda: da una parte, le direttive europee danno una scala gerarchica su come gestire i rifiuti e dicono chiaramente, nero su bianco, che è economicamente più vantaggioso recuperare e riutilizzare la materia anziché incenerirla, grazie ad un semplice rapporto di resa energetica; dall'altra gli inceneritori hanno bisogno di materia da bruciare e sono costretti ad importarla..
E allora capisci perché Danimarca e Svezia hanno percentuali di raccolta differenziata immobili. Invece la Slovenia, che ha deciso di non fare un inceneritore, lavorando sulla strategia Rifiuti Zero, in brevissimo tempo sta scalando la classifica degli Stati con la più alta percentuale di raccolta differenziata.
Vogliamo guardare a casa nostra? A Treviso non hanno l'inceneritore e fanno la Tariffa Puntuale: 85% di Raccolta Differenziata. A Trieste, hanno l'inceneritore e dei bellissimi cassonetti sparsi per le strade: la Raccolta Differenziata arriva a malapena al 40%. Voi quale modello scegliereste se vi poneste lo scopo di fare un'alta percentuale di Raccolta Differenziata?
Ah, qualche giorno fa ho scritto che per fare un inceneritore "ci vogliono 6 anni". Mi sono sbagliato. Ce ne vogliono dagli 8 ai 10. E a questi, occorre aggiungerne 30, che sono gli anni necessari per ammortizzare i costi di realizzazione (che possono essere anche di 700 milioni se voglio bruciare ogni anno 500 mila tonnellate di rifiuti).
Quante cose si potrebbero fare in questi 30 anni? E quanto fa 700 milioni per ogni provincia che ancora non ha un inceneritore?

Giorgio Elìtropi

giovedì 20 giugno 2019

Il solito ossimoro: economia circolare e inceneritori



Leggiamo su L'Eco di Bergamo "L'Italia vinca il tabù degli inceneritori", vediamo il "fantasmagorico" inceneritore di Copenaghen (quello con la pista da sci sul tetto, Ndr) e decidiamo di continuare a leggere andando oltre il titolo (odiamo gli af)... Magari, ci diciamo, scopriremo qualcosa di nuovo... 

1) Subito notiamo che l’accordo di Parigi, che risale al 2015, non è stato sottoscritto dall'Unione Europea, ma da 196 paesi di tutto il mondo, compresi gli Usa di Obama (che poi con Trump si sono sfilati dagli impegni sottoscritti).
2) Oltre a smettere di incrementare le emissioni di gas serra, gli accordi di Parigi sul clima prevedono altri tre impegni, ossia:
- mantenere l’aumento di temperatura inferiore ai 2 gradi,
- versare 100 miliardi di dollari ogni anno ai paesi più poveri per aiutarli a sviluppare fonti di energia meno inquinanti
- controllare i progressi compiuti ogni cinque anni, tramite nuove conferenze.
3) Verissimo che "un’adozione sistematica dei principi dell’#economiacircolare potrebbe garantire una parte consistente della riduzione delle emissioni necessarie per raggiungere gli obiettivi dell’accordo di Parigi".

4) Ma fatte queste premesse, perché poi dobbiamo leggere il solito #ossimoro dell'#inceneritore accostato all'economia circolare? Come può essere un modello per l'Italia un sistema che ha 28 inceneritori e meno di 6 milioni di abitanti e che ogni anno importa circa 350 mila tonnellate di rifiuti (da Gran Bretagna e Italia in primis)?
L'azienda che fornisce il sistema di alimentazione del forno di Copenaghen "assicura sulla qualità dell'aria", ma precisa che comunque emetterà monossido di carbonio, ammoniaca, carbonio organico e ossidi di azoto (noi ci aggiungeremmo anche qualche metallo pesante e una spruzzatina di diossina)...
5) Ma lasciando perdere l'aspetto non secondario della salute ("In Italia, purtroppo [sic! 😥] il dibattito sul tema è ancora dominato dall’immagine sinistra dell’inceneritore come seminatore di morte") quali sarebbero i vantaggi dall'incenerire della materia con una resa energetica del 25% circa, quando potrebbe essere avviata a nuova vita e rendere il 100%?
6) Come si fa a continuare ad accostare all'economia circolare un sistema che al termine del suo processo di incenerimento "produce" circa un 30% di ceneri tossiche che devono essere stoccate in apposite discariche, visto che la materia non si distrugge, come insegnava prima della Rivoluzione francese de Lavoisier?
7) Come può essere un modello il sistema dell'incenerimento che si avvale di contributi pubblici (vedi certificati verdi) e che, caso unico al mondo, si fa pagare la materia prima per funzionare (circa 100 € a tonnellata)?
8) Perché dobbiamo continuamente rovesciare le priorità che ci chiede l'Europa di fare? Eppure la direttiva del 2008 (recepita dall'Italia nel 2010) ci dice che dobbiamo prima #Ridurre i rifiuti, poi #Riusare e #Riciclare, quindi #Recuperare la materia e solo infine, prima di conferire in discarica, recuperare energia...
9) Non sarebbe meglio, invece di continuare a perorare questa vecchia tecnologia ormai alle corde, cominciare a parlare un po' più spesso di vera economia circolare e di #rifiutizero?

Magari parlando dei comuni che hanno adottato la #TariffaPuntuale e hanno una percentuale di raccolta differenziata del 90% 😉
P.S. Esistono delle traversine ferroviarie realizzate con materiale plastico e pneumatici (quella roba che a Calusco d'Adda finisce nel forno dell'Italcementi per fare cemento con il nome edulcorato di "combustibili alternativi", nome tecnico "Combustibile Solido Secondario, alias #CSS) e che producono pure energia elettrica...
P.P.S. Con il dovuto rispetto, ma a volte ci sembra di essere dei partigiani che "lottano" contro la propaganda del partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi 😎