domenica 15 agosto 2021

Ancora sul teleriscaldamento a Bergamo


Tempo fa una mia lettera inviata a L’Eco di Bergamo inerente al progetto del teleriscaldamento che riguarda la città di Bergamo trovò l’immediata risposta dell’ufficio stampa di a2a. La mia controreplica, scopro ora, non trovò più spazio. La ripropongo adesso con parecchio ritardo, sperando però che possa contribuire alla discussione nel merito. 


Gentile direttore, 
in merito alla replica alla mia lettera da parte dell’ufficio stampa di a2a pubblicata mercoledì 4 dicembre, vorrei condividere con i lettori de L'Eco di Bergamo alcune considerazioni finali. Aldilà della questione della resa energetica, la cui percentuale, rispetto a quanto da me scritto, viene aumentata dal 25-26% al 63% grazie al “trucco” del Climate Correction Factor (restando però inferiori a quel 70% richiesto dalla direttiva dell’Unione Europea del 2008), a me basta trovar finalmente ammesso e  scritto, nero su bianco, che un inceneritore produce rifiuti (perché fino a ieri tutto sembrava sparire magicamente nel nulla...). E se produce rifiuti, un inceneritore non ha alcun diritto di stare in un discorso di economia circolare. L’obiettivo dell’economia circolare non è quello di ridurre al minimo il flusso di materiali (dalla culla alla tomba), cioè produrre “solo” un 15% di rifiuti da smaltire in miniere di sale in Germania, ma è quello di generare "metabolismi" ciclici (dalla culla alla culla) che consentano ai materiali di mantenere il loro status di risorse. In tantissimi comuni italiani, con una serie di pratiche virtuose e grazie anche all'adozione della tariffa puntuale, ottenere un 10% di secco residuo è quasi "un gioco da ragazzi".
Certo, oggi esistono ancora prodotti non riciclabili e quindi da destinare all’incenerimento. Ma il futuro, in una prospettiva di vera economia circolare, è quello in cui "niente non è riciclabile”. Occorre pertanto lavorare per realizzare una sinergia tra sistema ecologico e sistema economico: migliorare il design, escludere dalla produzione prodotti non riciclabili e fornire supporto alla merce realizzata con contenuti minimi di riciclato, proprio come ci dice di fare l’Unione Europea.  
Rinnovo quindi ai lettori la mia domanda: perché investire dieci milioni di euro nella direzione opposta a quella in cui sta andando il nostro futuro? 
Per quanto riguarda poi la questione sanitaria, sono “certissimo” che le emissioni siano tutte a norma... vero è anche però che la letteratura medica segnala circa un centinaio di lavori scientifici, a testimonianza dell’interesse che l’argomento riveste: numerosi tra questi hanno confermato la relazione fra sviluppo di alcuni tipi di cancro e la prossimità agli impianti di incenerimento.

Giorgio Elitropi
Associazione 5R Zero