Chi oggi ha 20 anni rischia di trovare nel bel mezzo della sua vita un pianeta inospitale, con un clima incattivito che gli farà vedere i sorci verdi e una crisi ambientale irreversibile che metterà a rischio salute e benessere.
Questo è l'allarme più grave e senza precedenti di cui si dovrebbe occupare chi effettivamente ne sperimenterà in futuro le conseguenze. I sessantenni di oggi magari ancora appiccicati alla sedia del potere non ci saranno più. Non ci si potrà nemmeno incazzare con questi per i guasti causati da loro indugi e maneggi. Quindi l'unica maniera di ridurre l'impatto di domani è agire oggi subito. Ma che cosa faranno i nostri ventenni? In massima parte se ne fottono. Lo dico non per partito preso né per retorica ma sulla base di una trentennale esperienza nel campo della formazione scolastica. A tutti i livelli e in gran parte della nazione sono più sensibili alle scuole materne bambini che se gli spieghi che i rifiuti uccidono fanno di tutto per raccoglierli e pulire il loro piccolo pezzetto di mondo per fino a Roma. Poi crescono assecondati dai genitori iperprotettivi e subiscono deresponsabilizzazione, apatia, distrazione. Un liceale mi disse anni fa a una cena di famiglia: "Guarda che l'ambiente non interessa nessuno".
Aveva ragione. Non voglio fare di tutta l'erba un fascio. Ci sono solo gli studenti attenti e brillanti che dopo che hai spiegato loro i rischi che corrono scelgono di studiare scienze ambientali e mi scrivono dopo un po' di tempo ringraziando per il suggerimento talora già come blasonati docenti in qualche università straniera. Ma sempre si tratta di casi isolati individuali. Manca la capacità di aggregazione, di riflessione collettiva su un problema che investe soprattutto la loro generazione, di creazione di gruppi di azione svolti a una politica attiva basata su molti fatti scientifici e poca ideologia. La rete renderebbe tutto più facile: in pochi giorni uno studente potrebbe creare un movimento mondiale di presa di coscienza e mobilitazione, ma nisba, il web lo usano per altri futili fini. In tanti anni non ho mai visto sorgere una esperienza ambientale numerosa solida e ramificata per iniziativa studentesca. In una scuola del Nord Italia i ragazzini hanno contestato che gli attribuiamo troppe responsabilità. La colpa non è loro non devono essere caricate di obbligo e poi che palle con questo catastrofismo. I problemi del futuro non interessano anche perché non li rendiamo attraenti, ludici. La vita come un videogioco. Se il medico ti diagnostica un tumore te lo devi dire ballando con gli applausi e le risate finte in sottofond. In un'altra scuola del Nord un paio di studenti decidono di organizzare una conferenza sul clima nello spazio autogestito. Lottano contro la burocrazia ostile. Bravi. Vado con entusiasmo per premiare l'intraprendenza nata da loro e non da un docente ma l'aula magna è deserta: su 1600 studenti dell'Istituto erano meno di una ventina. A una serata sul clima nel Biellese tra un pubblico di molti giovani si alza il cinquantenne negazionista di turno "Tutte balle il clima non cambia per colpa nostra". Gran fatica a combattere il signore scettico con i dati dei climatologi migliori del mondo. Dopo l'incontro i ragazzi vengono silenziosi da me a tributarmi sostegno: "Ha ragione lei" Ma perché non vi siete alzate tutti insieme a fischiarlo, comunicandogli vigorosamente che del vostro futuro preferite occuparvene voi?
E loro 'Eh siamo timidi..."
Luca Mercalli
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